OLED fosforescenti, trovato il modo di migliorare l'emissione di luce blu

Written By Unknown on Sabtu, 27 September 2014 | 21.12

I display di tipo PHOLED, cioè gli OLED fosforescenti, non trovano ancora ampia applicazione commerciale dal momento che gli elementi rossi e verdi che compongono il singolo pixel operano in maniera più durevole ed efficiente rispetto agli elementi blu. Laddove infatti gli elementi che emettono luce rossa e luce verde hanno una durata nell'ordine del milione di ore (cioè sono in grado di mantenere fino alla metà della loro luminosità massima anche dopo questo periodo di esercizio), gli elementi che emettono luce blu hanno una durata di qualche decina di ore.

Un gruppo di ricercatori coordinato da Stephen Forrest, responsabile del team Optoelectronic Components and Materials per l'Università del Michigan presso Ann Arbor, sembra però aver trovato la strada per una possibile soluzione al problema. Già nel corso del 2009, l'allora dottorando Chris Giebink nel gruppo di Forrest, propose una spiegazione al problema. Egli suppose che quando un oled viene acceso, le lacune e gli elettroni vengono eccitati ad un livello energetico superiore diventando eccitoni, che vanno a urtare i legami molecolari del fosforo trasferendo ulteriore energia e rompendoli, andando quindi a distruggere le molecole. Supposto ciò, il gruppo ha deciso di adottare un approccio differente al formulare una miglior molecola fosforescente e provando a risolvere il problema in maniera ingegneristica.

Lo strato semiconduttore di un OLED è generalmente drogato con fosfori che controllano le caratteristiche della luce che emettono. Il team di Forrester ha disperso il materiale drogante lungo un gradiente, dando luogo così a concentrazioni differenti in posizioni differenti. Quando il fosforo viene drogato in maniera uniforme, gli eccitoni hanno la tendenza ad ammassarsi lungo i bordi, incrementando così la probabilità che le molecole vengano scomposte a causa degli eccitoni. Nel momento in cui invece il drogante viene distribuito con concentrazioni differenti, le collisioni risultano essere meno probabili. "Abbiamo la stessa quantità di eccitoni, ma distribuiti in maniera differente" ha spiegato Forrest.

Questa tecnica non solo permette di estendere la longevità della molecola, ma permette di incrementare anche l'efficienza di funzionamento migliorando anche quella già più che buona delle controparti verdi e rosse, dal momento che gli eccitoni hanno minor probabilità di collidere gli uni con gli altri e di sprecare quindi energia. La spiegazione ipotizzata da Giebink sin dal 2009 ha quindi trovato riscontro nelle sperimentazioni.

Il PHOLED blu realizzato in questo modo è riuscito ad emettere ancora l'80% della sua luminosità massima possibile anche 616 ore dopo aver operato a 1000 candele per centimetro quadrato. "Abbiamo spostato quelle 55 ore a 616, che è un grande passo avanti. Non è ancora sufficiente, ma ci stiamo avvicinando" ha dichiarto Forrest. Si tratta quindi di un risultato che ancora non basta per poter pensare ad applicazioni commerciali, ma la comprensione del meccanismo potrebbe consentire ai ricercatori di migliorare il funzionamento del dispositivo di un fattore 100 o di un fattore 1000, ben più che sufficiente per rendere il dispositivo pronto per la produzione commerciale.


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